giovedì 12 febbraio 2015

Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza).

Signore e Signori, "Birdman" di Alejandro Gonzales Inarritu è una vera e propria meraviglia.
Aspettavo questo film, lo aspettavo proprio da tanto. Da quando lo hanno presentato, ad Agosto, al Festival di Venezia ed il suo potenziale è emerso immediatamente, prepotente, già dai pochi fotogrammi passati nei TG. Ma forse lo aspettavo da molto di più, dai tempi del corso di Storia del Cinema, o ancora prima, dai banchi di scuola, quando fantasticavo sul cinema, sulla sua magia e su quante emozioni potesse regalare il realizzare un film, su quanto ci fosse da dire e da fare armati di una cinepresa e di una fantasia senza freni.
Finalmente, con i soliti ritardi di distribuzione che contraddistinguono il nostro Paese quando si parla di film di qualità ma che, proprio per questa loro caratteristica, vengono considerati "difficili" e di nicchia, "Birdman" è arrivato nelle nostre sale. Era da tantissimo tempo, non ricordo nemmeno quanto, che non mi capitava di andare al cinema emozionata: ottima premessa.
Con un'aspettativa così alta, il rischio delusione cocente era enorme, il che aumentava ancora di più il livello emotivo. E invece, "Birdman" non delude: è quanto mi aspettavo e anche di più.
Avevo visto altri film di Inarritu, "Amores Perros", per citarne uno, o "Babel". Pur riconoscendone l'indiscusso talento ed apprezzandone la profondità, la realizzazione accurata delle pellicole e la vena poetica, non consideravo questo regista nelle mie corde. Con "Birdman", però, mi sono dovuta ricredere. Inarritu cambia tono, si mette in gioco e realizza un piccolo capolavoro, regalando al Cinema un'opera di cui aveva bisogno, in un momento in cui le pellicole che realizzano questo obiettivo scarseggiano. Un film che si distacca dalla precedente filmografia del regista messicano ma, a ben guardare, nemmeno di tanto. Un film diverso dal solito stile di Inarritu ma che, allo stesso tempo, è profondamente integrato nel suo percorso e nella sua visione del mondo. Non era facile e l'esserci riuscito è solo una delle sfide vinte da questa bellissima pellicola.



La storia? Micheal Keaton è un attore avviato sul viale del tramonto. La sua fama è ancora enorme, ma resta legata al ruolo che ricoprì in gioventù: il supereroe mascherato "Birdman". Tormentato dal suo personaggio, che lo insegue inesorabile sotto forma di voce nella sua testa, il protagonista tenta di distaccarsene e rilanciarsi come attore di teatro, dirigendo ed interpretando a Broadway un ambizioso adattamento, da lui stesso scritto, che, spera, gli permetterà di dimostrare al mondo di essere un artista e non solo il ripieno di un costume da supereroe. Noi entriamo nella vicenda alla vigilia della prima e seguiamo la storia come spettatori, invisibili ed indiscreti, attraverso i corridoi labirintici del teatro.
La particolarità del film sta nella tecnica con cui è stato girato: un intero pianosequenza, dall'inizio alla fine. Una precisa scelta del regista, voluta perché "La vita non ha stacchi o montaggio, è un continuo fluire" ed è questo l'effetto che Inarritu voleva per "Birdman". Il montaggio in realtà c'è, discreto e ben mascherato, ma è comunque ridotto al minimo. L'effetto ricercato è raggiunto in pieno: guardando il film si ha l'impressione di trovarsi lì con i protagonisti e di essere quasi travolti e sopraffatti dal flusso di immagini e azioni, impossibili da arginare o condizionare. Complice una colonna sonora perfetta e insolita, costituita da incalzanti sessioni di batteria, che scandiscono il ritmo del film, gli conferiscono emotività e completano alla perfezione le immagini sullo schermo.
Il livello tecnico raggiunto da Inarritu per questo film è eccelso: non era facile concepire e girare un film che risultasse, alla fine, un intero pianosequenza ma il regista messicano porta a termine il compito senza sbavature e con un tocco magistrale. In tutta la pellicola c'è un'unica, breve, sequenza montata verso la fine ma, per tutto il resto del film, si ha davvero l'impressione di trovarsi di fronte ad un'unica ripresa. La scelta è senz'altro originale ed anticonvenzionale ma perfettamente azzeccata e adatta all'opera.
Un lavoro del genere è difficile per un regista ma anche per gli attori, costretti ad interpretare macrosequenze senza commettere errori, considerato che questi ultimi non potranno essere eliminati in una seconda fase grazie al montaggio. Il cast di "Birdman" è eterogeneo ma giustissimo per la pellicola, tutti gli attori sono stati in grado di rendere al meglio la propria parte. Micheal Keaton giganteggia: l'attore, la cui carriera cinematografica ha non poche assonanze con quella del personaggio che interpreta, viene rilanciato proprio grazie a questo ruolo e dimostra di essere ancora un grande interprete. Misurato, intenso nei momenti che lo richiedono e sufficientemente apatico, come è il suo personaggio, per il resto del film, Keaton è perfetto come protagonista e ci regala un'interpretazione impeccabile. Altrettando bravo Edward Norton, a cui Inarritu, peraltro, regala uno dei personaggi più riusciti della pellicola. All'altezza dei colleghi anche Emma Stone, Naomi Watts e un inaspettato Zach Galifianakis. Tutti gli elementi si miscelano alla perfezione, come accade sempre in un capolavoro.
Ma la forza di "Birdman" non sta solo nelle sue caratteristiche tecniche e nelle interpretazioni dei protagonisti, a sorreggere il film c'è anche una storia apparentemente semplice ma che dice molto più di quello che appare a prima vista. Dietro la vicenda dell'attore fallito sta una velata ma incisiva critica al mondo dello Star System, a quello che è diventato, ormai, il cinema e, non da ultimo, al filone dei Cinecomic ma anche alla realtà attuale in cui viviamo, dominata da Twitter e Youtube. I riferimenti ad attori e pellicole recenti, in particolare tratte da fumetti, non si contano e il film in generale risulta molto più profondo di quanto voglia lasciar intendere. D'altronde, con quel sottotilo, "L'imprevedibile virtù dell'ignoranza", ed Inarritu in cabina di regia, c'era da aspettarselo un film profondamente ironico e tragicamente amaro allo stesso tempo.
Un capolavoro, insomma, una meraviglia a livello visivo ed una fonte di riflessione a livello mentale, assolutamente da vedere. Unica nota stridente, a mio parere, il finale anche se, ho scoperto poi, la cosa era prevedibile: alla fine non è stato possibile inserire l'idea originariamente concepita da Inarritu (che, onestamente, funziona meglio. Potete reperirla su internet, se siete curiosi) e la produzione è stata costretta a creare un finale differente all'ultimo minuto. Peccato, perché una conclusione del genere sarebbe stata la degna ciliegina sulla torta per un film perfetto.
"Birdman" è, insieme a "Grand Budapest Hotel", la pellicola che ha collezionato il maggior numero di candidature ai prossimi premi Oscar. Nove sono le categorie in cui, infatti, è stata nominata e avrete già capito che io tifo per lei. Meriterebbe davvero di vincere come "Miglior film" ma temo che la scelta di una tematica sicuramente scomoda possa pregiudicarne le possibilità. Staremo a vedere. Per quanto riguarda la "miglior regia", non ci sono dubbi: Inarritu DEVE vincere, lo merita e scommetto che lo farà. Ben tre gli attori di "Birdman" candidati: Micheal Keaton come "miglior attore protagonista", Edward Norton come "miglior attore non protagonista" ed Emma Stone come "miglior attrice non protagonista". Sono stati tutti impeccabili ma la concorrenza è alta e ho visto troppo poche interpretazioni per potermi sbilanciare in un pronostico.
Per quanto riguarda le categorie tecniche, invece, mi aspetto sicuramente la vittoria in "miglior sceneggiatura originale", "miglior sonoro" e "miglior montaggio sonoro". Spiace un po' la mancata nomination per la "migliore colonna sonora originale" perché, come accennavo prima, quella realizzata per questo film era davvero meritevole nella sua anticonvenzionalità. Il film è candidato anche per la "miglior fotografia" dove, molto probabilmente, il suo unico e diretto concorrente sarà "Grand Budapest Hotel".

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