lunedì 24 novembre 2014

Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I

Qualche giorno fa ho guardato "Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I", attesissima prima tranche della pellicola conclusiva dedicata alla fortunata serie di libri di Suzanne Collins.


Personalmente, sono un'ammiratrice della saga fin dal primo film: pur non avendo (per il momento) letto i libri, le pellicole mi sono sembrate tutte ben realizzate e originali. Se, infatti, l'idea di base di un futuro distopico e della disumanizzazione delle persone sia stata ampiamente sfruttata anche da altre opere, quello che ho sempre apprezzato della trilogia di Hunger Games è l'evoluzione, affatto prevedibile, che la tematica subisce in questa serie di film.
Le prime due pellicole ruotano intorno ai fantomatici Hunger Games, sorta di cruento reality show basato sulla paura, e alla vicenda personale di Katniss Everdeen, costretta a trasformarsi in cacciatrice di esseri umani prima, e in icona dei ribelli dopo. In questa terza parte, invece, si cambia totalmente registro: se prima la lotta era, per quanto reale, parte di un gioco, stavolta si svolge fuori dall'arena e in ballo ci sono la vita e la libertà di un'intera nazione.
Il film inizia direttamente dove era finito il precedente, catapultandoci subito nel mezzo dell'azione. Scopriamo così che il distretto 13, che si credeva distrutto molto prima delle vicende della serie, è tutt'altro che annientato: sopravvive, infatti, segretamente sottoterra e si prepara a guidare la rivolta. In seguito alle vicende del secondo film, infatti, il malcontento è cresciuto all'interno dei 12 distretti ufficiali e la reazione violenta della capitale non ha fatto altro che alimentare il fuoco della ribellione. Il distretto 13, quindi, si prepara ad incanalare la rivolta, abbattendo definitivamente la tirannia di Capitol City ma, per farlo, ha bisogno della sua "ghiandaia imitatrice", di una persona che ispiri e renda coesi i ribelli di tutti i distretti: Katniss.
Il film inizia e finisce in medias res, per cui è indispensabile considerarlo insieme al precedente e al successivo. Nonostante questo, mi è sembrato godibile e coinvolgente. Ho apprezzato molto l'evoluzione della storia e come quest'ultima pellicola abbia saputo rendere il clima decisamente diverso rispetto alle prime due: ora siamo in guerra, ed è questa l'atmosfera che si respira dall'inizio alla fine. Chi ha letto i libri mi ha assicurato che, però, il film non è riuscito pienamente a rendere l'intensità ed il pathos dei libri che, sul grande schermo, risultano molto diluiti e meno coinvolgenti rispetto alla pagina scritta, per cui appena mi sarà possibile recupererò assolutamente la lettura.
Da segnalare l'interpretazione della protagonista, Jennifer Lawrence, convincente e vera. Nel primo film molti l'avevano definita legnosa ed inespressiva, io credo, invece, che questo aspetto, più che essere dovuto ad un'incapacità recitativa dell'attrice, fosse voluto e teso a rendere, in prospettiva, l'evoluzione del personaggio: Katniss, all'inizio del film, si ritrova catapultata in un mondo artefatto e sgargiante, nel quale è costretta a fingere e recitare continuamente. Questa, però, non è la sua natura: deve forzarsi molto e, per questo, risulta lei stessa "finta". Progredendo la narrazione, tuttavia, anche Katniss cresce e cambia e noi spettatori possiamo notarlo dalla recitazione della Lawrence, prima impacciata e legata e, via via, sempre più sicura e scaltra. In questo senso, credo che l'interpretazione della protagonista sia azzeccatissima, sorretta, comunque, da comprimari di tutto rispetto: Woody Harrelson, Julianne Moore ed il compianto Philip Seymour Hoffman, la cui prematura dipartita, credo, peserà non poco sulla seconda parte del film, dato che interpretava un personaggio cruciale.
Interessante, a mio parere, anche la presentazione degli estremi opposti della sgargiante Capitol City e dell'austero distretto 13. Nel primo film, l'eccesso e l'opulenza della capitale ci avevano nauseati ma, stavolta, l'estrema rigidità del distretto 13 ci fa quasi più paura. Dimostrazione di come le estremizzazioni, sia in un senso che nell'altro, siano sempre ed inesorabilmente pericolose.
Insomma, a me il film è piaciuto anche se, mi dicono i lettori del libro, poteva essere reso meglio. Non resta che aspettare la conclusione della storia, tra un anno esatto, per un giudizio d'insieme.

Nota conclusiva: altro aspetto che ho apprezzato molto è la colonna sonora, in particolare la traccia diegetica "The hanging tree", struggente e coinvolgente nella sua semplicità e cantata benissimo da Jennifer Lawrence. Se volete ascoltarla, vi lascio il link:
The hanging tree

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