giovedì 10 ottobre 2013

The world's end

Qualche giorno fa ho visto "La fine del mondo" e sono ancora gasatissima per quanto mi sia piaciuto!
Ero rimasta in trepidante attesa per mesi, lo ammetto, controllando quotidianamente aggiornamenti ed indiscrezioni sul film, perchè, dopo aver scoperto per caso i primi due capitoli, mi ero innamorata dello stile registico di Edgar Wright, del montaggio, delle storie, della sua idea di una trilogia con filo conduttore il Cornetto Algida, e non stavo nella pelle per il nuovo e conclusivo episodio. Per forza di cose, quindi, mi sono rivolta alla pellicola con una certa inquietudine, dovuta alle aspettative altissime e alla paura che quest'ultimo lavoro non si dimostrasse all'altezza dei precedenti.
E invece Edgar Wright e Simon Pegg non deludono, realizzando un film godibilissimo e perfettamente in linea con i parametri a cui ci avevano abituati finora. La storia? Cinque liceali inglesi, amici da sempre, si apprestano a percorrere il "miglio dorato": un tour alcolico a base di birra e shots che li porterà in dodici diversi pub, per concludersi nel celebre "The world's end" del titolo. L'impresa, però, riesce solo a metà e i ragazzi sono costretti a fermarsi alla nona tappa. Quarant'anni dopo, il gruppo di amici è andato avanti, ciascuno si è integrato perfettamente nella società produttiva e si dedica con dedizione al lavoro. Tutti, tranne Gary King, il "re" della vecchia gang, che fatica a trovare il proprio posto nel mondo degli adulti, bloccato nel ricordo dei tempi del liceo, e  che vive con l'unico obiettivo di riuscire a concludere l'impresa iniziata tanti anni prima, percorrendo il "miglio dorato" per intero. In questa prospettiva, riuscirà a convincere (o ingannare, più che altro) i recalcitranti amici a tornare nella città natale e ritentare l'impresa in una notte a base di birra e ricordi. Ma nella piccola cittadina molte cose sembrano decisamente cambiate...
Wright è abituato a prendere i film di genere e a estremizzarli, portarli al limite del paradossale e caricaturarli ma allo stesso tempo a omaggiarli, rivitalizzarli e renderli attuali. Il tutto condito con una massiccia dose di ironia (rigorosamente british) ed effetti splatter che però, calati in questo conteso, creano divertimento anzichè disgusto. Nel primo episodio aveva preso di mira il filone degli zombies, poi quello del cinema d'azione e poliziesco. Stavolta, invece, è toccato al genere fantascientifico subire la "cura Wright-Pegg", con esiti perfetti.
La pellicola si rivela un vero e proprio omaggio al filone fantascientifico degli anni '50 e '60, e mette in scena i tipici contenuti dei film dell'epoca, sapientemente miscelati con sprazzi di cinema action e di fantascienza più moderna,visibili, per esempio, nelle sequenze "alla Matrix" perfettamente dirette e coreografate. 
Gli elementi della premiata ditta Wright-Pegg, che ci hanno fatto amare i precedenti capitoli, ci sono tutti: il salto da un genere all'altro, il mix equilibratissimo di humor e splatter, il montaggio dinamico e personalissimo, le situazioni al limite dell'impossibile, l'immancabile Cornetto Algida, stavolta alla menta. E, su tutti, il pub. Costante dell'intera trilogia, se nei primi due capitoli era un elemento di sfondo, seppure sempre presente, in quest'ultimo lavoro diventa vero e proprio protagonista.
Sul piano del contenuto, ancora una volta il dito è puntato sulla spersonalizzazione dell'individuo che, incastrato nei ritmi e nelle regole della società, si trasforma gradualmente in un essere vuoto, in uno zombie e che può essere salvato solo da una situazione straordinaria, che rimetta in gioco tutte le certezze e porti alla creazione di un nuovo ordine di cose (o, forse, che porti ad un ritorno alle origini, sembra di cogliere in questo ultimo capitolo).
Un film che si conferma in linea con i precedenti, quindi,e non solo sul piano tecnico e contenutistico, ma anche su quello del cast. Squadra che vince non si cambia, infatti, e Wright si affida ai colladauti protagonisti Simon Pegg (anche co-sceneggiatore di questo come degli altri episodi) e Nick Frost, perfettamente credibili e a loro agio nei rispettivi ruoli. Il cast, affiatatissimo, è completato da comprimari di tutto rispetto che si dimostrano, come il loro regista d'altronde, a proprio agio in ogni situazione.
La trilogia si completa, insomma e, a mio avviso, il Cornetto ha trovato la sua degna punta di cioccolata in questo film.
Con questo, però, la mia fame di film del duo Wright-Pegg non si è decisamente saziata, anzi: penso (e spero) abbiano ancora molto altro da dire e molti altri generi da reinventare. Per cui, aspetto già da ora, con grandissima trepidazione, la loro prossima fatica cinematografica. 


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